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Da Consulente a Business Coach. Cosa cambia? Perché è più efficace?

Cambiare lavoro è la storia di molti, talvolta una storia fatta di paure, ansie, forzature, necessità di adattarsi ad un mondo che cambia.

Oppure una storia fatta di passione che vince sull’ansia, di ambizione che prende il posto della paura, di ricerca continua e cura di sé che lasciano strada libera al cambiamento.

Perché anche chi sceglie di variare il proprio stato, lavorativo o personale, con entusiasmo, affronta paure ed emozioni complesse.

Cosa porta dunque un professionista a cambiare o modificare il proprio lavoro?

E quali sono i parametri da valutare per capire se effettivamente c’è stato un miglioramento in un cambiamento di rotta?

Personalmente, ciò che mi ha portata ad ampliare la mia offerta é stata non solo l’incessante voglia di fare meglio, ma anche di offrire qualcosa in più ai miei clienti che tenesse conto della persona oltre che del progetto.

Si può dire che il Coaching abbia trovato me, perché ero pronta ad accogliere una nuova prospettiva.

Nessuna ricerca su Google che recitasse qualcosa come “coaching e consulenza marketing”.

È avvenuto in modo diverso, naturale e al momento giusto.

Tieni la mente aperta più che puoi e le occasioni si presenteranno con più facilità.

Mi interrogavo sul come mixare efficacemente le mie competenze comunicative e di consulente marketing al lato umano e al mondo che tanto mi affascina delle neuro scienze, abilità mentali e dello sviluppo delle Performance Umane.

Tutto questo quando ho deciso di licenziarmi dal mio lavoro da dipendente.

Fino a che le nostre energie sono a disposizione di qualcun altro, prima ancora di noi stessi, la nostra mente resta un po’ assopita.

È normale sia così, siamo per natura conservatori di energie e non c’è spazio per tutto.

Dopo qualche anno di collaborazione con il Coach Antonio Caporaso (leggi di lui qui) ho iniziato prima a capire che avevo un potenziale ancora inespresso che scalpitava per posizionarsi da qualche parte, poi, la curiosità di questo lavoro, le prove tangibili di quanto il Coaching fosse efficace e pragmatico, l’obiettivo ambizioso e nobile che vedevo nel progetto e la Scuola di Coaching de “Il Passo Successivo” (solo il nome mi aveva già convinta) hanno fatto sì che iniziassi il percorso per diventare Coach Professionista.

Ora mi interessa trasferirti il perché ha fatto la differenza nel lavoro di un consulente.

Hai talvolta la sensazione che il tuo cliente sia frenato da qualcosa?

E magari più cerchi di essere d’aiuto, consigliandogli la strada migliore (perché tu consulente senti di sapere quale sia la migliore opzione per lui) meno risultati ottieni?

Oppure il risultato arriva ( grazie alla tua competenza ed esperienza) ma senti che ti ha seguito solo perché “si fida di te” (per questa volta. Poi dalla prossima si vedrà) e dentro di lui si attiva quel “ok, dimostrami che questa strategia funziona”.

Ecco che da quel momento la responsabilità di far funzionare nella pratica quel consiglio si trasforma in una serie di interferenze interne.

E se non fosse la strategia giusta?

E se il reparto digital non lavora al meglio?

E se si aspettasse di più?

Dove scarica adesso l’ansia il consulente che si è sobbarcato di aspettative con le sue stesse mani?

Esiste una discarica delle ansie dei consulenti?

Anche il consulente più preparato ha qualche perplessità, ansia, aspettativa, siamo meravigliosamente umani.

E se invece si lavorasse in modo diverso?

Se invece di consigliare si domandasse e si ascoltasse di più al fine di far emergere le motivazioni interne che muovono il cliente a voler quel preciso obiettivo?

Quanto sarebbe utile avere gli strumenti di coaching per analizzare il presente percepito e il futuro desiderato del cliente?

Scoprendo magari che dietro quel progetto c’è di più, un riscatto sociale, una forma d’amore, un senso di inadeguatezza.

Sostenerlo nello spostamento mentale da un punto A ad un punto B.

Un obiettivo personale, intimo, vero e funzionale agli scopi del cliente, non del consulente.

Co-costruire le basi di un lavoro fatto di talenti personali, auto efficacia, alleati, analisi di ostacoli ed insieme un piano d’azione pratico per raggiungere quello scopo.

E le responsabilità della riuscita? Del cliente.

L’obiettivo è il suo non il tuo.

La responsabilità di un Coach (il suo personale obiettivo) è quella del supportare al meglio delle sue capacità, capirne i talenti e metterli a reddito, inter leggere i segnali occulti che offre con una frase detta in un certo modo, aiutarlo a trovare i migliori alleati, far sì che si interroghi da sé e trovi la sua strada per fare qualcosa che insieme avete pattuito.

Sono piccole cose, piccole azioni che lo responsabilizzano e proprio per questa auto-efficacia sarà molto più soddisfatto del risultato perché lo ha costruito anche lui.

Non sto dicendo che il cliente debba mettersi a fare attività per cui paga un consulente, ma sicuramente può dirti in che modo pensa di chiedere supporto ad un collega che ne sa più di lui, può interrogarsi e darsi delle risposte in merito ai competitor e molto altro.

Stimolato da un Coach può scoprire molto di più di sé e del progetto al quale lavora.

E la cosa meravigliosa è che si sentirà per la prima volta artefice di un risultato che credeva fuori dalla sua portata.

Il consulente qui diventa una figura alleata, magari il consulente finanziario per un’area specifica.

Quando un progetto poggia le sue basi sulla persona o un team che esprime il massimo delle proprie potenzialità, al 99% è un progetto vincente.

Ecco perché ho deciso di fare il Coach.

Ecco perché lo consiglio ad ogni Consulente.

Alessandra Casonato

Life&CareerCoach

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