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Coaching sportivo: Alcaraz, nazionale u.19 e la Roma del 1983.

Come reagire grazie all’autostima e al Coaching sportivo.
Finale Wimbledon Alcazar 20 anni, perde 6 -1 il primo set da Djokovic uno dei giocatori più forti della storia nella gestione mentale emotiva di questo sport oltre che tecnica.

Partenza analoga per la nostra nazionale U.19, partita di esordio campionato europeo persa 5 a 1 contro il Portogallo, per valori e tradizione una delle nazioni migliori al mondo nella formazione di talenti.

Due sport completamente diversi uno individuale l’altro di squadra, nessun punto tecnico tattico in comune, per campo di gioco, strumento utilizzato, uno si gioca con le mani l’altro con i piedi.

Da ex atleta allenatore e oggi coach sportivo trovo perfetti questi due eventi sportivi per mettere in evidenza gli aspetti mentali, riguardanti l’autostima personale e di squadra.

In effetti quelli affrontati da questi giovanissimi atleti nella gestione emotiva e psicologica si sono rivelati vincenti nella gestione di un avvio disastroso e pieno di difficoltà così netti.

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Il controllo emozionale é uguale, non perdere consapevolezza dei propri mezzi.

coaching sportivo

ALCUNE DOMANDE KILLER

  • Cosa può generare a livello mentale una partenza così shockante nella testa dell’atleta?
  • Quanto contribuisce sulla perdita di autostima?
  • Ingigantisce il valore dell’avversario?
  • Genera Paura di vincere perché la gara più importante?
  • Sto tradendo le aspettative di una nazione?
  • Quanto mi fa Paura del giudizio dei media?

Sono alcune domande che si insinuano nella mente di chi è in campo che grazie al Coaching possono essere ri-elaborate per sortire effetti potenzianti invece che distruttivi.

Infatti nello sport di squadra è più complesso mantenere tutti i giocatori ad un livello di alta competitività emotiva, per le diversità caratteriali dei singoli.

Per la nostra U.19 c’era anche il forte peso di riscattare le cocenti sconfitte delle sorelle U. 20 e U. 21, oltre che delle tre finali europee perse dai nostri club.

IL TRAINING EMOZIONALE NEL COACHING SPORTIVO

Le motivazioni e il sogno da raggiungere sono potenti antidoti alla sconfitta e il mantenerli vivi nella mente fa la differenza tra chi resiste e si riorganizza e chi soccombe e questo é uno degli asset del COACHING SPORTIVO.

A tutto questo possiamo aggiungere il ricollegarsi a momenti passati vincenti che danno un effetto (ancoraggio positivo) di grande riallineamento e nuovo equilibrio.

Tutto ciò é strategicamente funzionale a risalire verso una stato emotivo di grande carica e conseguente il ri-posizionamento del pensieri che finalmente tornano lucidi a livello tattico.

Alcaraz in un intervista di quando aveva 12 anni dichiarava che il suo sogno era vincere Wimbledon https://video.gazzetta.it/video-intervista-alcaraz-a-12-anni-sogno-di-vincere-wimbledon-federer-idolo/53ed9cdc-7022-4d6c-b6ee-2eeb22296xlk

Le emozioni sono costanti in ogni essere umano, siamo produttori 24 ore su 24 di emozioni, lo facciamo anche mentre dormiamo, sottovalutare questo aspetto é inammissibile nel mondo del coaching sportivo.

Alcaraz dimostra una Self-leadership emozionale che gli permette di vivere le emozioni come una risorsa, siano esse positive o negative.

ALLENAMENTO MENTALE NEL COACHING SPORTIVO

Questo prevede alcune capacità psicologiche che si possono apprendere con un buon allenamento mentale tipico del coaching sportivo:

  1. riconoscere i propri stati emotivi nel momento esatto in cui si manifestano con una certa intensità e comprendere che quello stato d’animo é un alleato o un nemico con cui é difficile arrivare all’obiettivo;
  1. Nel caso in cui é un nemico disinnescare gli stati emotivi negativi grazie ad un nuovo modo di elaborarle (training specifici) con letture dedicate alla soluzione o a cosa si é imparato da quel singolo evento;
  1. Nel caso un cui é possibile, ancorare il proprio stato emotivo a esperienze di successo precedenti o a elementi di forza interiore come suggerito in questo articolo.

Pensandoci bene durante un Roma-Juve del 1983 (scontro diretto decisivo per la corsa scudetto) subimmo una cocente sconfitta che rischiava di compromettere il nostro cammino verso la vittoria finale.

ROMA-JUVE 1983

Finita la partita nello spogliatoio eravamo distrutti e per la prima volta si era insinuato il pensiero di essere raggiunti in classifica.

Quello che abbiamo vissuto interiormente inizialmente é stato come essere colpiti da un “tram in pieno”, uno shock più o meno come il 6 a 1 subito da Alcaraz o il 5-1 subito dalla Nazionale U19.

Oggi mi rendo conto di quello che abbiamo fatto per uscirne nel breve, che segue proprio i 3 punti sopracitati:

  1. Abbiamo vissuto emozioni come paura sconforto, rabbia e capito che quello stato emotivo era assolutamente dannoso se volevamo recuperare. Quella sconfitta poteva essere il nostro peggior nemico oppure un grande insegnante;
  1. Abbiamo ripescato le nostre risorse migliori grazie alla lettura di ciò che non avevamo fatto come al solito, in pratica abbiamo analizzato interiormente gli errori o quali piccoli cali di tensione che con una squadra come la Juve non ti potevi permettere. Alla fine sono i dettagli a fare la differenza;
  1. in settimana tutti ci siamo ri-focalizzati su quello che erano “i nostri saperi interiori”. Dal punto di vista del coaching abbiamo rimesso al centro dei nostri pensieri tutto ciò che di buono avevamo fatto fino a quel momento. Abbiamo fatto accesso (grazie ai leader interni) alla voglia di riscatto immediato, volevamo far capire subito che eravamo sempre i più forti, era uno scivolone ma noi eravamo i più forti dello scivolone. La risposta era, non solo per noi, ma anche per tutto l’ambiente che ci seguiva.

I COACH DI NOI STESSI

Le motivazioni di squadra, i tuoi obiettivi personali e quelli legati all’ambiente erano diventati i nostri migliori compagni di viaggio.

La domanda che ci ponevamo non era più un Killer interiore ma si era trasformata in una frase di empowerment.

“Questa sconfitta non deve compromettere tutto il nostro lavoro, questo é solo un episodio e non altro.”

E poi una domanda di empowerment

  • Come posso uscire da questa situazione? 
  • Cosa serve nel dettaglio? Quali azioni specifiche?
  • Come posso dominare questa emozione invece che subirla?
  • Come mi ricollego alle mie motivazioni personali?

Il Focus torna cosi solo al raggiungimento della vittoria. Le interferenze sono inevitabili ma sul piatto della bilancia il peso maggiore deve essere dato a quei pensieri che generano potere inferiore e non il senso della disfatta. Questo abbiamo fatto e poi tutti sapete che ha vinto il Campionato quell’anno.

Riequilibrare l’autostima per una rinnovata motivazione e focus sull’obiettivo motivante e non più il down emozionale distruttivo, in questo senso i principi del Coaching sportivo rappresentano una linea-guida utile e funzionale.

Non ci siamo fatti sfuggire un risultato così importante che a Roma mancava da anni. 

In pratica siamo stati tutti i coach di noi stessi.

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